Morte della democrazia by Benjamin Carter Hett

Morte della democrazia by Benjamin Carter Hett

autore:Benjamin Carter Hett [Hett, Benjamin Carter]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858432662
editore: Einaudi
pubblicato: 2019-10-23T12:00:00+00:00


Mentre Brüning combatteva con la situazione economica mondiale, nelle città tedesche si diffondeva un altro tipo di depressione politica.

«Berlino ha bisogno di sensazioni come il pesce necessita d’acqua»101 proclamava senza mezzi termini un libro dal titolo altrettanto esplicito: La conquista di Berlino. «La città ne vive, e ogni propaganda politica che non lo comprendesse verrebbe meno al suo scopo». L’autore era un astro nascente del Partito nazista, il trentaseienne Joseph Goebbels, inviato da Hitler a Berlino nel 1926 come caposezione (Gauleiter) del partito nella capitale.

Promuovere il nazismo a Berlino era un compito difficile. Berlino era una città operaia, bastione di socialdemocratici e comunisti. Era anche la patria dei migranti, compresi i rifugiati in fuga dalle persecuzioni, fin dal XVII secolo quando Luigi XIV aveva espulso dalla Francia i protestanti ugonotti. Il marchio da questi impresso sulla città era evidente in molti aspetti: nel caratteristico dialetto berlinese con i suoi tanti prestiti dal francese; in uno dei suoi piatti tipici, le polpette chiamate Bouletten; e in uno dei suoi piú grandi autori, il romanziere ottocentesco di origini ugonotte Theodor Fontane. Altre ondate di migranti erano seguite alla prima. Il re di Prussia Federico II («il Grande») importò ingegneri olandesi per bonificare le paludi, e questi imposero il nome di «orange» a molti luoghi dentro e attorno alla città, come il villaggio di Oranienburg. A partire dagli anni Ottanta del XIX secolo a Berlino cominciarono ad affluire gli ebrei che scappavano dalla violenza dell’impero russo: un flusso che raggiunse il culmine dopo il 1918. Un detto popolare affermava che «tutti i veri berlinesi vengono dalla Slesia», e di certo, secondo gli standard tedeschi, la miscela etnica e religiosa di Berlino aveva un forte sapore di diversità. Era la capitale intellettuale e culturale, economica e mediatica. Per i nazisti, che avevano la loro base elettorale nelle campagne protestanti, era quanto di piú lontano dal loro habitat.

Quando vi giunse Goebbels, i nazisti contavano pochissimi seguaci nella capitale, e quasi nessuno li prendeva sul serio. Lui stesso ammise102 che il suo discorso inaugurale ai nazisti locali non attirò alcuna attenzione a parte «una gazzetta ebraica – che si vide costretta negli anni successivi a citarmi tanto spesso colmandomi di biasimo». E quest’unico giornale non disse altro che «un certo signor Goebbels», che scrissero Goebels, ha «sciorinato i tradizionali slogan».

Se Berlino non era per natura una città nazista, Goebbels, come il suo acerrimo rivale Gregor Strasser, non era il solito nazista. Prima di entrare in politica aveva ottenuto un dottorato in letteratura, studiando con docenti ebrei. Oltre all’intelligenza pronta, aveva un talento particolarmente raro tra i fanatici: era capace di mettere da parte il proprio fanatismo e immaginare che effetto potevano produrre le opinioni dei nazisti su chi non le condivideva. Il suo diario è pieno di stima sincera nei confronti di scrittori e artisti avversi al nazismo: autori ebrei tedeschi come Maximilian Harden, avversari politici liberali come Theodor Heuss, registi come Fritz Lang. Questa sua elasticità mentale ne faceva un venditore straordinariamente abile.

Non che gli piacesse il vivace ambiente della stampa cittadina.



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